Marocco 2017/2018 Trip Report 2017 Galleria Marocco 2015 Galleria Marocco 2017

Marocco 2017 Trip Report & Gallery
21 - 28 aprile 2017
partecipanti al tour: Enrico Bresciani, Mario Giuseppe Costa, Carlo Emanuelli,
Paolo Gallerani, Damiano Putignano, Silvana Roncarati, Liliana Savoldi
tour leader: Brahim Mezane


Itinerario

1° giorno) volo Milano - Marrakech. Steppe intorno a Marrakech. Trasferimento a Oukameiden. Alto Atlante
2° giorno) Ourika Valley. Trasferimento a Boumalne du Dades. Barrage Mansour Eddhabi
3° giorno) Tagdilt Track. Gorges du Dades
4° giorno) Gorges du Todra. Trasferimento a Merzouga
5° giorno) Sahara
6° giorno) Sahara. Trasferimento a Zeida
7° giorno) Zeida. Trasferimento a Marrakech
9° giorno) volo Marrakech - Milano


Trip Report
di Enrico Bresciani

Dura la vita del birdwatcher. A mezzanotte, dopo solo un’ora di sonno, sono in auto a Brescia. Alle nove del mattino sono in un anonimo campo incolto alla periferia di Marrakech. Il cielo è nuvoloso e la luce diffusa un poco lattiginosa che non piace ai fotografi. Non fa caldo. E’ il primo giorno del tour che Mauro Bailo ha organizzato dall’Italia con l’appoggio della guida locale Brahim (Gayuin birding tours).

I primi uccelli che vediamo sono Gazze, della sottospecie locale (mauritanica) con l’occhio truccato di azzurro. Negli obiettivi dei fotografi del gruppo cadono il primo Codirosso algerino e il primo Usignolo d’Africa. Chi invece scruta il cielo a binocolo vede due Rondoni minori e due Ganghe in volo. A terra sette Corrioni biondi inconsueti per il posto e alcune Averle meridionali. Inizia poi un lungo trasferimento in auto verso Oukaimeden (2600 m nell’Alto Atlante). Lungo il tragitto le prime Monachelle nere, una Ghiandaia marina, un'Aquila minore e qualche Rondine rossiccia. Giunti alla meta siamo già stanchi ma grazie alla precisa conoscenza del territorio e degli uccelli di Brahim riusciamo a vedere bene Allodola golagialla, Codirosso algerino maschio, che si concede a distanza ravvicinata, numerosi Culbianchi di Seebohm, Gracchi alpini e corallini e soprattutto Fringuello alicremisi africano (almeno due individui) che il disgelo tende a spingere a quote superiori. Stremati ma soddisfatti riusciamo a raggiungere l’albergo dove pernottiamo la prima notte rimandando al mattino seguente la compilazione della check-list quotidiana.

All’alba ci rendiamo conto di essere in un albergo immerso in un giardino che probabilmente avrebbe meritato un po’ più di attenzione e che comunque ospita Bulbul golanera, Zigolo della case, Usignolo, Occhiocotto, Pigliamosche, Cardellino. Dopo colazione la prima tappa è a pochi chilometri di distanza: Asni, un piccolo paese attraversato da un fiume sul cui greto vediamo Ballerina bianca (della sottospecie subpersonata, con disegno facciale diverso), Cicogna bianca, un gran numero di Aironi guardabuoi (che ci accompagneranno per tutto il viaggio) e soprattutto Picchio di Levaillant (in volo tra gli alberi del viale principale e posato in bella vista a disposizione dei fotografi). Lungo la stessa via del paese apprezziamo anche le differenze della sottospecie africana del Fringuello locale. La strada verso il deserto ci regala Monachelle codabianca, Monachelle nere, Tortora delle palme e le prime Cappellacce di Thekla.

Il lago di El mansour ed-dhebi vicino a Ouarzazate è un lago artificiale con acque poco profonde, tanto che dal nostro punto di osservazione vediamo a notevole distanza pascolare tranquillamente molti Fenicotteri maggiori e una Spatola eurasiatica. Più vicine numerose Casarche eurasiatiche in volo e posate. Purtroppo solo Brahim scorge una coppia di Anatre marmorizzate in volo che si posano lontane dietro una lingua di sabbia e perciò invisibili. Sulla linea di fango tra terra e acqua alcuni limicoli: Gambecchio comune, Piovanello tridattilo, Corriere piccolo, Piro piro piccolo, Fratino. Le zone secche circostanti il lago ci regalano invece Canapino pallido orientale, Cappellaccia del Mahgreb e uno degli avvistamenti esteticamente più piacevoli del tour, il Gruccione guanceblu, alcuni individui, in volo e posati. Sorprendentemente percorriamo l’ultimo tratto di strada verso l’albergo sotto un acquazzone.

Il terzo giorno si apre con la visita al mattino alla piana vicino a Boumaine el Dades, adibita a discarica spontanea. Qualcuno di noi si scandalizza: il problema dei rifiuti è evidentemente, “mutatis mutandis”, globale. Oltre che di cani randagi e di grassi ratti del deserto la zona pullula di Monachelle testagrigia e allodole di varie specie: Allodola codabarrata, Allodola beccogrosso (purtroppo vista solo in volo per una frazione di secondo), Allodola di Temminck. Ci riprendiamo dal conflitto di sentimenti spostandoci di qualche chilometro dove, nell’arco di poche centinaia di metri di una sorta di greto asciutto costeggiato da alte falesie rocciose, riusciamo a vedere alcune delle più interessanti specie del viaggio: Gufo reale del deserto in riposo in una nicchia naturale, Aquila di Bonelli giovane in volo, gruppetto di Trombettieri, Monachella del Maghreb, e soprattutto le schermaglie tra vicini di casa, precisamente dirimpettai di nido: coppia di Lanari in picchiate ripetute su Poiana codabianca. Dopo pranzo ci si sposta alle gole di Dades dove risaliamo per poche decine di metri un sentiero che parte da un barettino turistico: Silvia di Tristram in coppia con verosimile nido nei paraggi.

Il quarto giorno si va verso il “vero” deserto, l’erg, il deserto di sabbia vicino al confine algerino. Arrivando nei pressi dell’albergo dove alloggeremo: Averla meridionale e Averla capirossa, Corvo collobruno e le prime Allodole beccocurvo. Nel giardino dell’hotel ancora Canapino pallido orientale. Ma prima di partire facciamo una visita alle gole di Todra dove non troviamo specie pregiate (ma non cerchiamo la Silvia di Tristram che in passato è stata vista in zona da Brahim) e i fotografi si dilettano ad immortalare uno dei tanti Passeri solitari. Più produttiva decisamente l’oasi di Alnif che ci consente di osservare due specialità africane in un ambiente molto particolare: piccolissimi appezzamenti coltivati delimitati da camminamenti rialzati lungo i quali ci addentriamo, palme ed altri alberi ad alto fusto su cui si rifugiano Usignoli d’Africa (uno particolarmente vanitoso si concede ad una visione ravvicinata e prolungata) e Garruli fulvi (inaspettatamente non molto chiassosi). Lì vediamo anche l’unica Balia nera del viaggio, ancora Upupa eurasiatica, Averla capirossa e Aquila minore in volo.

Il quinto giorno è dedicato alla ricerca della specie più strettamente deserticole nei dintorni di Merzouga. Abbandoniamo temporaneamente la Ford nove posti per dividerci su due 4x4 con due guidatori specializzati in dune e piste invisibili del deserto. Il primo target è una pozza che chissà come si forma e si mantiene in un mare completamente asciutto. Si abbeverano e si bagnano l’addome a gruppi di una decina, poi volano via per lasciare spazio a chi si è appena posato e avvicinato all’acqua: sono Grandule coronate e del Senegal, in stormi monospecifici o misti. Ce li godiamo dalle auto a distanza “fotografabile” per non so quanto tempo. E’ ora di andare al villaggio nomade. Ormai gli abitanti sono semi-stanziali, hanno costruito della casette cubiche di fango e preferiscono offrire il tè ai turisti piuttosto che soffrire la fame allevando capre magre. Per noi il tè nel deserto e il pane appena cotto sono l’effetto secondario desiderato della ricerca della Passera del deserto che segue l’uomo in questi minuscoli villaggi. Li vediamo, maschio e femmina, relativamente confidenti, minacciati anche in queste avanguardie dell’umanità  dalla presenza competitiva del Passero domestico. Ci spostiamo ancora, apparentemente senza meta. Una delle due auto si ferma, dall’altra si percepisce che si sta puntando qualcosa. Io vedo una Monachella del deserto, ma mentre la osservo, nel binocolo mi entra un piccolo uccelletto tutto color sabbia molto attivo. Scendo dall’auto e grido alla guida: Silvia deserti. Il tono è a metà fra l’interrogativo e l’affermativo. Monto il cannocchiale e riesco a gustarmi appieno i dettagli della Silvia del deserto: le sfumature del colore tra parti superiori e inferiori, le timoniere esterne scure, il becco chiaro con punta nera. L’ultimo bersaglio del giorno viene raggiunto con un lavoro di squadra che prevede un mix di antiche conoscenze, amicizia, moderne tecnologie. Un amico della nostra guida che abita nella zona dove vive l’”ingoiavento del deserto” si alza nottetempo per sentirne il canto, lo localizza grossolanamente e aspetta l’alba. Dopodiché scandaglia a binocolo ogni piccolo cespuglio sotto il quale lo “stridore notturno egiziano” può essersi addormentato finché non lo scova. Un SMS avvisa la nostra guida e noi dobbiamo solo raggiungere l’amico e seguirne la direzione dello sguardo per trovare il Succiacapre isabellino. Fin troppo facile. Distanza di sicurezza e pura ammirazione del pezzo di corteccia perfettamente mimetizzata con l’ambiente del deserto. C’è chi non lo vede pur occupando la maggior parte del campo del cannocchiale a 60x. In realtà si possono apprezzare anche le filopiume attorno al becco e le palpebre socchiuse. Siamo solo a metà giornata. Si può tornare in albergo, godendo nel tragitto di un gruppetto di Corrioni biondi sullo sfondo di un deserto di roccia nera, e riposare per tutto il pomeriggio fino alla cena con i soliti tajine.

E’ il penultimo giorno di viaggio ma abbiamo ancora degli obiettivi da raggiungere: lungo la strada per Rachidia, una zona semi-desertica apparentemente come tante altre è conosciuta da Brahim per la presenza della Cettia inquieta. Ne vediamo almeno tre famigliole con piccoli che volano raso-terra tra i cespugli e quasi tra le nostre gambe. Nello stesso posto anche Monachella del deserto, Cappellaccia del Maghreb e soprattutto un'Allodola beccogrosso posata e godibilissima, che riscatta l’avvistamento “scarso” di tre giorni prima. Nel pomeriggio arriviamo presto all’albergo vicino Zeida dove pernotteremo. Abbiamo quindi una possibilità, secondo l’opinione della nostra guida non elevata, di “beccare” l’Allodola di Dupont in un sito noto lì vicino che, in caso di insuccesso, potremmo rivisitare con maggiori probabilità di centrare l’obiettivo all’alba successiva. Come al solito sembra un campo semidesertico come gli altri: cespugli piccoli e qualche alberello, sullo sfondo dei tralicci che testimoniano le vicine attività umane. Alcune Calandrelle ci confondono. Brahim però la sente. Io ho il vento nelle orecchie e non conoscendo il canto non riesco a distinguerla dal rumore di fondo. Poi un primo contatto visivo. E’ lontana, si muove camminando e quindi coperta dai cespuglietti, poi si ferma su uno di essi a cantare. Cerchiamo di avvicinarci. Ora l’abbiamo localizzata a binocolo e riusciamo a intendere il suo canto con quella sorta di “risucchio”. Poi sono due e cantano ad intermittenza. Una è adesso molto vicina, a cannocchiale la inquadro per me e per tutti. Non potevamo pretendere di più, tanto che il mattino successivo rinunciamo volentieri alla levataccia.

L'ultimo giorno affrontiamo il lungo trasferimento fino a Marrakech, più di 400 Km. Non ci aspettiamo colpi di scena ma un po’ di specie da aggiungere alla checklist. Tra queste il Verdone che nessuno ha ancora visto o sentito. Alla prima sosta su un altipiano ancora molto fresco tra Calandrelle e Cappellacce anche alcune Calandre in volo sui prati fioriti. Ci fermiamo più avanti per la foto di gruppo di rito con sullo sfondo un lago artificiale apparentemente vuoto: in realtà a cannocchiale scovo Cormorano comune, Svasso maggiore e alcune Sterne zampenere. Avvicinandoci a Marrakech aumenta il caldo, le coltivazioni estensive, le abitazioni. Vediamo Nibbio bruno, Storno nero, Strillozzo ma soprattutto, quasi alle porte della città, appollaiato su un palo della luce e poi in volo sopra le nostre teste un Nibbio bianco, che è sempre uno spettacolo (e sul filo vicino un Verdone, finalmente). Il caos di Marrakech copre i richiami dei Bulbul golanera e i caroselli di Rondoni pallidi e minori sono le ultime immagini che attraversano le ottiche del mio binocolo dalla finestra dell’albergo. Il resto sono chiacchiere, saluti commossi con Brahim e pensieri per il prossimo viaggio sull’aereo di ritorno.

Il "bottino" del gruppo è stato di 120 specie, numero ottenuto senza visitare le zone costiere, che peraltro ci ripromettiamo di esplorare in un’altra occasione, e che ci sembra un ottimo risultato. Tutte le specie importanti viste benissimo ad eccezione dell’Anatra marmorizzata. Ottima ed efficiente la guida locale, buona compagnia, sistemazioni decisamente molto più che decorose, cibo abbondante (anche se non molto vario). Esperienza più che positiva, da consigliare.

Galleria fotografica
di Mario Costa

Per ora pubblichiamo solo le bellissime foto di Mario, ma la galleria si arricchirà presto di nuove immagini, sia di Mario che di altri partecipanti al tour. Vi terremo aggiornati via Facebook



Monachella del deserto



Fringuello alicremisi africano



Corrione biondo



Usignolo d'Africa



Allodola beccogrosso



Poiana codabianca



Allodola beccocurvo



Grandule coronata



Monachella mesta



Bulbul comune



Gufo reale del deserto



Cappellaccia comune



Picchio di Levaillant



Nibbio bianco



Codirosso algerino


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